Il bullismo fa male.

Il bullismo si può configurare come un evento psicologico estremo se si pensa agli effetti detonanti che una simile esperienza può produrre in un bambino o in un adolescente. Violenze fisiche, minacce, calunnie, esclusione, molestie, insulti, derisioni, perseveranti e intense, possono tracciare i solchi di un processo corruttivo capace di minare alle basi l’assetto strutturale della personalità di un individuo.

E la comparsa, combinata o differita, di specifici sintomi, nel comportamento quotidiano del bambino o dell’adolescente, possono essere i segnali rivelatori che l’azione carsica di vessazioni, soprusi, maltrattamenti fisici e psicologici, agiti nei loro confronti, sta producendo i suoi tossici effetti.
Tra questi sintomi possiamo segnalare: ricordi intrusivi, ricorrenti e spiacevoli dell’evento, brutti sogni e flashback, ansia, problemi di tipo fisico quali rossore, balbuzie, sudorazione, oppure, ancora, sintomi depressivi, distacco emotivo o comportamenti di evitamento, con evidenti conseguenze sulla sfera sociale e relazionale, forme dissociative relative all’evento, irritabilità o attacchi d’ira, disturbi del sonno, emicranie, mal di schiena, mal di stomaco, enuresi, perdere l’appetito o mangiare troppo, iperarousal, difficoltà nella concentrazione, difficoltà nel rendimento scolastico o nella stessa frequentazione scolastica.

Quello che se ne può dedurre è che la gittata devastante di un simile evento, nella vita di un individuo, può agire ad ampio raggio e distendersi su più livelli, andando ad intaccare sia la sfera emotiva, sia quella intellettiva, sia quella sociale che quella fisica.

Molti studi scientifici hanno analizzato l’ipotesi di una stretta correlazione tra eventi stressanti, quale può essere, appunto, il subire atti di bullismo, e l’insorgere di complicazione a livello neurochimico, neuroendocrino e fisiologico, sia immediati che cronici, con le conseguenti ricadute che tale rapporto può produrre sia a livello comportamentale che psicologico, oltre ad un comprovato rischio di aumento delle patologie mediche.

Ad avvalorare le implicazioni psicobiologiche anche nei casi di bullismo, è interessante la testimonianza di una ricerca, pubblicata sulle pagine della rivista “Pediatrics”, condotta dai membri del Boston Children’s Hospital e coordinati dalla dottoressa Laura Bogart [Laura M. Bogart et al., 2014]. Una ricerca che ha coinvolto più di 4 mila bambini e adolescenti, e che, analizzando gli effetti cumulativi degli atti di bullismo subiti da un ragazzo, da quando inizia a frequentare le scuole elementari fino agli anni del liceo, ha dimostrato le conseguenze nefaste che tali atti possono esercitare sulle sue vittime, sia sulla salute fisica che quella mentale.
Tale ricerca ha, tuttavia, messo in rilievo, e dato conferma, ad un altro dato, interessante e preoccupante allo stesso tempo, e cioè che la gittata degli effetti del bullismo si estende anche nel tempo. Un risultato che è stato ulteriormente evidenziato in un imponente studio, pubblicato sull’American Journal of Psychiatry [Takizawa et al., 2014], e che si è occupato di verificare gli effetti psicologici sulle vittime lungo un arco di vita di 40 anni.

I risultati hanno mostrato che gli individui che erano state vittime di bullismo da bambini, rispetto ai coetanei non bullizzati, avevano:

  • Livelli di stress psicologico aumentati
  • Funzionamento cognitivo inferiore
  • Rischio più alto di ansia, depressione e pensieri suicidi
  • Minore probabilità di avere relazioni affettive
  • Più probabilità di avere difficoltà economiche nella vita adulta
  • Una percezione bassa della qualità di vita a 50 anni

Tale ricerca ha anche dimostrato, nelle persone che hanno sofferto di questa spiacevole situazione, la persistenza di pensieri suicidari anche all’età di 50 anni.

Insomma, essere vittima di bullismo si può configurare come una vera e propria forma di trauma infantile e, proprio perché in esso ritroviamo l’elemento della minaccia fisica e psicologica alla persona, per alcuni aspetti, può presentare un quadro molto simile a quello evidenziato nel Disturbo Post-traumatico da Stress, all’interno del quale troviamo ansia, angoscia, reazioni di allarme, dissociazione.
Il Bullismo, come anche lo Stalking o il Mobbing continuato, potrebbero teoricamente innescare il DPTS.

Ad arginare il problema, nel corso degli anni, sono stati messi a punto tutto un filone di interventi di comunità volti a potenziare la collaborazione tra le diverse agenzie socio-educative.
Tuttavia, esiste una dimensione che necessariamente va accolta e curata ed è quella del vissuto intimo e personale, delle vittime, e dei stessi bulli, dove i disagi e le sofferenze, trovano sede e, amplificate, debilitano la persona.

La psicoterapia, sia pur articolata nei suoi variegati modelli teorici, può essere una risposta a tutti questi disagi.
Può aiutare i fautori delle azioni vessatorie a recuperare una dimensione di maturità emotiva.
Può aiutare le vittime a svincolare quei brutti ricordi dalle zavorre emotive, per consentire loro di guardare in modo più costruttivo a quelle esperienze. Ma, soprattutto, la psicoterapia può aiutare l’individuo a ritornare a rafforzare la propria autostima, per crescere e sviluppare una personalità più ricca e piena di risorse, con cui riaffermare il proprio ruolo di fautore consapevole delle proprie scelte e della propria volontà. Un percorso che può interessare l’individuo nel corso delle sue diverse tappe esistenziali, da bambino, da ragazzo, ma anche da adulto, dal momento che, come abbiamo evidenziato, gli effetti del bullismo non hanno età.

Bibliografia
– – E. M. Field (2005), Difendere I figli dal bullismo, TEA, Milano.
– – M. Sgarbo (1977), Post Traumatic Stress Disorder – Aspetti clinici e psicoterapie, Edizioni Kappa, Roma.

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