Lo stalking, definito anche come “sindrome del molestatore assillante”, identifica un insieme di condotte persecutorie ripetute nel tempo che incidono sulle abitudini di vita della vittima, causando un grave stato di ansia o di paura, o peggio ancora ingenerando il timore per la propria incolumità.
Il termine stalking deriva dall’inglese “to stalk”, termine proprio della caccia, e significa “appostarsi, avvicinarsi alla preda furtivamente”.
Il comportamento caratteristico del molestatore assillante è, infatti, quello di seguire la propria vittima nei suoi movimenti. Un elemento fondamentale dello stalking è il carattere di serialità e continuità dei comportamenti molesti.
Nel comportamento stalkizzante devono essere presenti tre fondamentali caratteristiche:
1. lo stalker agisce nei confronti della vittima in virtù d un investimento ideo-affettivo, basato su una relazione reale oppure parzialmente o totalmente immaginata;
2. lo stalking si manifesta attraverso una serie di comportamenti basati sulla comunicazione e sul contatto, ma in ogni caso connotati da ripetizione, insistenza e intrusività;
3. la pressione psicologica legata alla “coazione” comportamentale dello stalker e al terrorismo psicologico effettuato, pongono la vittima stalkizzata in uno stato di allerta, di emergenza e di stress psicologico.
Le motivazioni che elicitano il comportamento compulsivo dello stalker possono essere molto differenti. Una attenta analisi dei bisogni e dei desideri che innescano il comportamento molesto, ha consentito di individuare cinque tipologie di stalkers (Mullen,1999):
La tipologia del “risentito”. All’interno di questa categoria rientrano i molestatori il cui comportamento è spinto dal desiderio di vendicarsi per un torto che ritengono di aver subito. Il risentimento, in genere legato ad una scarsa e diffettosa analisi della realtà, stimola i comportamenti persecutori orientati, sostanzialmente, a danneggiare l’immagine della persona e la persona stessa,rea del torto.
La tipologia del “bisognoso di affetto”. In questa categoria rientrano i molestatori il cui comportamento è innescato dal desiderio di instaurare una relazione di amore o di amicizia.Il rifiuto della vittima di stabilire una relazione, vissuto come attacco all’Io, è negato strutturando una difesa basata sulla reinterpretazione della percezione dell’altro e delle sue reazioni, così la relazione reale viene sostituita da una immaginaria.
La tipologia del “corteggiatore incompetente”. La persona che rientra in questa tipologia ha scarse capacità relazionali e manifesta il desiderio di relazione con comportamenti fastidiosi, opprimenti e ripetitivi. Questo tipo di molestatore è generalmente meno resistente nel perseguire la vittima e tende a reiterare gli stessi schemi disadattivi con persone diverse.
La tipologia del “respinto”. I molestatori che appartengono a questa categoria mettono in atto comportamenti persecutori come conseguenza di un rifiuto o di fronte alla conclusione di una relazione. Questo tipo di comportamento è fortemente correlato allo stile di attaccamento insicuro-ambivalente che scatena angosce legate all’abbandono.
La tipologia del “predatore”. Rientrano in questa categoria i molestatori il cui comportamento è motivato dal desiderio di avere rapporti sessuali con la vittima che viene pedinata e spaventata. La paura, infatti, eccita questo tipo di molestatore che prova anche un senso di potere nel molestare la vittima.
Il comune denominatore di tutte e cinque le tipologie è una distorsione comunicativa. Il persecutore altera sia il senso e l’intensità della comunicazione non verbale della vittima, sia la comunicazione verbale, della quale distorce il significato attribuendogliene uno atto a rispondere ai propri bisogni.
La sistematicità e la frequenza delle azioni del molestatore, volte deliberatamente ad avvicinare la vittima, causano in chi le subisce un profondo turbamento psicologico, che si esprime in uno stato di insicurezza e di ansia costante, compromettendo la sfera relazionale. I comportamenti dello stalker possono essere costituiti da ininterrotti appostamenti nei pressi dei luoghi frequentati dalla vittima e da intrusioni nella vita privata, per mezzo di telefonate a contenuto sentimentale o, al contrario, minatorio, invio di posta o di oggetti, visite a sorpresa, pedinamenti, atti vandalici e simili.
Tutto ciò fa si che le vittime dello stalking subiscano delle conseguenze psicologiche, spesso anche gravi, legate non solo a vissuti emotivi di ansia e paura, ma anche a sentimenti quali rabbia, aggressività e senso di colpa, spesso negati e proiettati sullo stalker.
L’esperienza traumatica dello stalking può portare la persona a ridurre l’interesse per le attività sociali, avere un distacco emotivo dall’ambiente e un’affettività ridotta. Questi cambiamenti sono una conseguenza diretta dei sintomi che la vittima sviluppa, come la difficoltà nella regolazione delle emozioni, la costante rievocazione degli episodi traumatici, l’alterazione della percezione di sé e la perdita dell’autostima.
Sul piano della salute fisica, inoltre, si possono riscontrare disturbi dell’appetito, abuso di alcool, insonnia, nausea e aumento nel consumo di sigarette.
Seppure i disturbi possono essere compensati dalla resilienza della persona, ovvero la sua capacità di adattarsi a fronte di un evento traumatico, l’intervento psicoterapeutico si pone come indispensabile per elaborare gli aspetti emotivi legati ai sintomi ansiosi, che possono sfociare in un vero e proprio disturbo post traumatico da stress, e gli aspetti fobici come comportamenti di evitamento o fobie sociali.
Lo stalkingè considerato un reato (Art. 612-bis c.p. “atti persecutori”) secondo il quale vengono punite con la reclusione le condotte reiterate di minaccia o molestie che ingenerano nella persona offesa un perdurante e grave stato di ansia o di paura.
Un buon percorso psicologico può consentire alla vittima di accedere più agevolmente alle misure legali che possano proteggerla, contrastando quel senso di sfiducia nei confronti delle forze dell’ordine il cui intervento, troppo spesso, è considerato tardivo e potenzialmente poco proficuo.
Anche lo stalker necessita di un intervento psicoterapeutico, in quanto è una persona in difficoltà che ha spesso un contatto alterato con la realtà e che struttura difese arcaiche, e quindi invalidanti. Il molestatore non ha alcuna capacità di tollerare la frustrazione e utilizza l’altro e la realtà esterna per soddisfare i propri bisogni e salvaguardare l’integrità del Sé. E’, dunque, evidente che è necessario un lavoro psicoterapeutico profondo, che permetta allo stalker di accedere al proprio mondo interno, rielaborarlo e costruire differenti modalità relazionali.
Bibliografia
- Mullen P., Pathè M., Purcell R., Stuart G.W.,Study of stalkers. Am j. Psychiatry, 1999;
- Gargiulo B.C., Damiani R., Lo stalker, ovvero il persecutore in agguato. Classificazione, assessment e profili psicocomportamentali, Milano, Franco Angeli, 2008;
- Negretti N., a cura di, La violenza nei legami di amore, Verona, Il Segno dei Gabrielli editori, 2008;